

Anni di ricerche e una raccolta impressionante di dati hanno permesso ad Aurelio Guarneri di scrivere un libro che mette a fuoco e analizza più di due secoli di agricoltura cremonese, quelli della dominazione spagnola tra il Cinquecento e il Seicento. “Aspetti dell’agricoltura cremonese durante la dominazione spagnola”, questo il titolo del libro di Guarneri, pubblicato da Edizioni Adafa (il volume è acquistabile nella sede del sodalizio culturale in via Palestro 32, euro 15).
L’autore inquadra gli argomenti partendo dalla pace di Cateau Cambresis del 1559, anche se non disdegna gli ultimi anni del ducato sforzesco. “Nel secolo e mezzo dalla pace di Cateau Cambresis alla guerra di successione spagnola, l’Italia che era servita da campo di battaglia ai suoi pretendenti, ebbe un periodo di relativa tranquillità, mentre nel resto d’Europa divampavano guerre terribili, specie delle Fiandre e in Germania”. Tuttavia Guarneri spiega che da questa calma l’Italia spagnola, e la Lombardia non ricavano benefici “ma devono subire i pessimi metodi di governo che la Spagna applicava ai suoi possessi”. Dopo aver esaminato la situazione nazionale il libro passa alla parte locale, con l’analisi del territorio cremonese, la sua dipartizione, comprese le Terre Separate e il Contado obbediente e soprattutto inquadra la situazione agricola partendo già dalla definizione delle misure, le pertiche, con le differenze da zona a zona. Inoltre vengono messe in evidenza le particolarità morfologiche dei terreni, dal nord della provincia fino al Casalasco, con le varie differenze di utilizzo dell’acqua e dei sistemi agricoli. “In quell’epoca erano diffusi due diversi modi di lavorazione dei terreni agricoli. Il primo era la cosiddetta coltivazione ‘maggiatica o maggese’ – scrive Guarneri – che indicava lo stato di un terreno coltivabile nel periodo in cui non viene coltivato, ossia lasciato a riposo almeno un anno…Il secondo era la coltivazione ‘alternativa o a vicenda’ che prevedeva la ‘rotazione agraria’, nel senso che il terreno non resta mai vuoto, ma durante si alternano coltivazioni diverse, avendo cura che durante l’anno la stessa pianta non ritorni due volte di seguito sullo stesso suolo”.
Guarneri prende in esame anche i contratti che legavano i proprietari (esmina quelli delle istituzioni ecclesiastiche) e i conduttori dei terreni. Una ricerca certosina, dalla sue pagine emergono le condizioni agricole (e se vogliamo sociali) di Cansero, di Ognissanti, del Valcarengo o della Gambina, del Baldracco, di Fengo o di Sant’Eusebio. Un’infinità di nomi di località oggi semidimenticate, che Guarneri riporta agli onori della storia cremonese.