Vai al contenuto

Cola di Rienzo all’Unitre

La statua di Cola di Rienzo aullo scalone del Campidoglio

Il professore Vincenzo Montuori che ha tenuto la lezione all’Unitre di Cremona

Nei giorni scorsi all’Unitre di Cremona, per il ciclo di conferenze previsto per la primavera del 2022, il prof. Vincenzo Montuori, nostro socio, ha presentato un intervento, con letture dei testi eseguite dall’attrice Emi Mori, relativo alla “Vita di Cola di Rienzo”, ricavata dalla “Cronica” dell’”Anonimo Romano”. Si tratta di una cronaca, giuntaci incompleta, compilata verso la metà del Trecento da un autore anonimo che fa parte comunque dell’entourage della curia romana e che ha la peculiarità di essere stata scritta in volgare romanesco medioevale, un volgare municipale che, come si è illustrato nell’intervento, ha parecchi punti in comune con l’ambito dei dialetti centromeridionali italiani dell’epoca e che, quindi esula dalla tradizione più famosa delle storie municipali fiorentine e toscane (basti pensare ai famosi Dino Compagni, e ai Villani, Matteo e Giovanni). La cronaca descrive le vicende avvenute a Roma, durante la “cattività avignonese”, in assenza del Papa che si era trasferito ad Avignone, dal 1327 ca, (morte del barone Savelli) fino alla morte di Cola (1354); essa, pur trattando marginalmente di altre questioni storiche nazionali ed europee, si focalizza sulla vita di Cola nei capp. XVIII e XXVII: nel primo l’autore rievoca la giovinezza e la formazione culturale del protagonista, che, pur derivando da famiglia modesta, riesce a studiare il latino e l’epigrafia antica tanto da diventare uno dei più insigni “chierici” della città. Cola viene avviato alla carriera di notaio e di funzionario pubblico in modo da eccellere tra gli amministratori locali e da essere nominato tribuno e, quindi, a guidare la città tra il 1344 e il 1347. Sotto il suo governo, l’Urbe riesce a frenare l’arbitrio e i soprusi con cui le grandi famiglie baronali, i Colonna, i Savelli, gli Orsini, spadroneggiavano e il tribuno assicura l’ordine pubblico. Ciò gli attira l’odio delle famiglie predominanti tanto che viene contestato e costretto alla fuga. Di ciò si parla nel cap. XXVII in cui si illustra il modo in cui Cola, grazie anche all’aiuto del papa e dell’imperatore Carlo IV di Boemia, riesce a tornare in città nel 1353 e a riprendere il potere; ma l’Anonimo critica anche la deriva autoritaria e tirannica da cui Cola è dominato, mentre perseguita i baroni e impone sempre nuove tasse al popolo: alla fine tutti si coalizzando contro di lui, si rivoltano, lo catturano e lo linciano in pubblico. La morte del tribuno è raccontata in pagine di una violenza estrema a specchio di uno stile e di una visione delle cose veramente lucida e implacabile. La storia di Cola, nelle pagine dell’Anonimo, si intreccia anche con le attività di Francesco Petrarca: i due si conobbero, si stimarono e si scambiarono diverse lettere, naturalmente in latino, in quanto il poeta vedeva in Cola l’uomo che avrebbe potuto portare a compimento il suo progetto di un rinnovamento di Roma nel segno di una comunità laica e libera, lontana tanto dal dominio del papa che da quello dei baroni; e Cola si sentiva onorato dall’essere oggetto della stima del grande scrittore. Ma Petrarca doveva salvaguardare i suoi interessi e i benefici ricevuti dal clero che sospettava della sua stima per Cola; e infatti, quando il tribuno viene barbaramente trucidato, non scrive nulla. La “Cronica” è, in sostanza, un esempio notevole di narrazione storica al di fuori dei modelli che in genere conosciamo e ci dimostra che la letteratura italiana dell’epoca non poteva limitarsi all’orizzonte fiorentino e toscano.