L’idea di dialogare con gli artisti che da tempo collaborano con l’Adafa attraverso le numerose esposizioni personali e collettive e di pubblicarne le interviste sul sito www.cremonacultura.it è nata dalla considerazione del loro ruolo d’interpreti, costanti e vivaci, della scena culturale cremonese e non solo, un ruolo perseguito attraverso forme d’ arte capaci di documentare le sfumature più intime e contraddittorie di una civiltà in continua trasformazione. A fare da “input” al progetto è stato l’incontro con la pittrice Giusy Asnicar nel suo studio-laboratorio in via Pernice. In questo luogo che sorprende il visitatore per la sua incredibile magia – divisa tra ordine interiore e caos apparente – dipinti a olio, acquerelli e sculture raccontano la storia di un’artista che, coniugando materia e poesia, oggettività e suggestioni, filtra e reinterpreta la realtà quotidiana con l’emozione della grazia affettuosa e rasserenante del suo sguardo femminile. Opere che indagano il senso della vita ed esaltano l’importanza della luce, mediante le tonalità soffuse dei colori pastello.
Ho pensato, allora, di iniziare questo ciclo di interviste proprio con Giusy Asnicar. Da tanti anni attivissima promotrice di mostre ed eventi presso la sede dell’Adafa, dove è presidente della Commissione Artistica, ma anche presente in altre associazioni del territorio, è una delle pittrici più conosciute e che hanno inciso profondamente sul panorama culturale cremonese dagli anni Settanta del ‘900 ai giorni nostri.
Lei ha cominciato fin da ragazzina a cimentarsi con colori e pennelli, a quattordici anni arriva il primo riconoscimento. Ci racconti il suo itinerario, partendo magari dal rapporto privilegiato con Cremona, la città così amata?
“Ho una lunga carriera alle spalle. La mia prima segnalazione avviene nel 1959 durante una mostra dove presentai piccole opere ma molto apprezzate. Da quel momento è un susseguirsi di rassegne personali e collettive. Fondamentali per la mia formazione sono stati nel 1964 il soggiorno a Roma, a seguito di una borsa di studio, che mi ha permesso di frequentare luoghi d’arte, musei e gallerie e l’anno successivo quello a Milano per un corso di specializzazione della didattica presso l’Istituto italiano per l’Africa. Sono poi passata all’insegnamento a Cremona senza smettere la mia passione per la pittura”.
Come definirebbe la sua poetica?
“La mia pittura è facilmente comprensibile, basata sull’emozione; amo le cose semplici e vere, quelle che non tradiscono e trovo nel colore e nelle forme la testimonianza dello spirito umano. È Una pittura improntata ad un chiarismo lirico che si sottrae alla sfida del colore”
Credo che anche le tecniche e i materiali usati siano fondamentali per comprendere la produzione di un artista.
“Per quanto riguarda le tecniche, con l’acquerello in particolare, ho acquisito varie esperienze. Con l’esercizio devo dire che ho raggiunto una padronanza espressiva che mi rende sicura nel trattare riflessioni e toni chiari modulati con misurate stesure coloristiche. Anche con la pittura a olio ottengo risultati di trasparenza. Non amo i colori acrilici. La preparazione è fatta di abbozzo, disegni, via via sempre più nitidi sino a giungere all’opera finita”
Negli ultimi anni ha aperto un nuovo varco d’indagine dedicandosi alla scultura. La prima esposizione di sculture in creta risale al 2017: in essa è apparso chiaro come lo stesso tocco morbido, ma vigoroso al contempo, della pittura si sia trasferito sul materiale da plasmare. Pensa di dirigersi in futuro verso altre prospettive?
“In effetti negli ultimi anni mi sono dedicata alla scultura in creta. I risultati ottenuti mi sembrano molto buoni. Non si ha mai finito d’imparare. Comunque, la mia curiosità nel campo artistico mi potrebbe portare verso altre esperienze pittoriche…”

