A conclusione del primo ciclo di interviste agli artisti dell’Adafa, non poteva mancare da parte nostra un pensiero affettuoso alla memoria di Giovanni Solci a più di due anni dalla scomparsa, un artista che è stato socio e assiduo frequentatore con la moglie Alba degli eventi culturali del sodalizio.
Solci era un Maestro, uno scultore animato dal desiderio continuo di sperimentare materiali diversi e nuove forme nello spazio, con la passione e la curiosità di chi non smette mai di guardare il reale come matrice di infiniti stimoli e suggerimenti, di insegnamenti sociali e di impegno civile, magari non senza un pizzico d’ironia. Mi ricordo con piacere di uno scambio d’idee avuto con lui all’Adafa al termine di un incontro sull’intaglio ligneo barocco: mi parlò di scultura e del suo “fare scultura”, di tecniche e di materiali con la semplicità e la discrezione dell’artista di razza che sa usare con infinita maestria sgorbie, scalpelli, mazzuoli, passando con naturalezza dal marmo al bronzo, dal legno alla pietra fino a sperimentare il polistirolo perché – mi disse – “è più leggero e alla mia età più facilmente lavorabile”.
Ma ricordare Giovanni Solci, il suo ruolo di scultore attivissimo e versatile nel panorama artistico cremonese e nazionale e, allo stesso tempo, ricordare lo spessore della persona e dell’uomo di cultura, significa anche mantenere vivo il ricordo che serba chi lo ha conosciuto e con lui ha intrattenuto rapporti di collaborazione, instaurando un legame professionale ma anche di profonda e rispettosa amicizia.
Per questo motivo sono qui riportati i ricordi che di Giovanni Solci hanno voluto lasciare i pittori Giusy Asnicar e Ulisse Gualtieri e, a seguire, quello dello scultore Angelo Verroca:
“Ho conosciuto Giovanni negli anni ‘60 del secolo scorso e in quell’occasione mi aveva confidato che agli inizi della carriera aveva avuto esperienze fotografiche molto interessanti. Successivamente era passato alla scultura e frequentato il laboratorio dello scultore Anselmi, un artista molto apprezzato che io non ho avuto il piacere di conoscere. Con Giovanni abbiamo frequentato diverse mostre tra gli anni ‘60 e ‘80, scambiandoci idee e suggerimenti. A quell’epoca a Cremona erano presenti diversi spazi espositivi molto prestigiosi, gallerie d’arte che esponevano opere sia di artisti cremonesi che di altre città limitrofe. Con lui poi ho partecipato a diverse collettive ed inoltre non mancava mai di essere presente con la moglie alle mie personali. Sapeva esprimere le sue idee in modo garbato e costruttivo, cosa che lo faceva molto apprezzare durante le riunioni dell’Associazione Artisti Cremonesi. Di Giovanni, infine, posso dire che non solo era un valido scultore ma anche un ottimo padre, seguiva i suoi figli con tanta disponibilità e affetto”. (Giusy Asnicar)
“Mi è stato chiesto di scrivere un pensiero per ricordare l’amico artista Giovanni Solci. Non voglio dilungarmi sulle sue notevoli capacità artistiche già riconosciute da tanti esperti e critici d’arte che hanno scritto di lui, ma vorrei fare una breve riflessione sull’uomo.
Premetto che i nostri incontri avvenivano prevalentemente in occasione delle varie esposizioni d’arte alle quali si partecipava o durante le inaugurazioni delle mie personali alle quali non mancava mai. È appunto durante una delle mie ultime mostre, avvenuta nel giugno 2020 presso la sede ADAFA, che l’ho visto per l’ultima volta perché, dopo poco, è venuto a mancare.
Durante questa mostra venne a trovarmi per ben tre volte soffermandosi sempre a parlare con me, facendo una attenta analisi delle opere esposte per poi darmi degli utili consigli.
Io lo ascoltavo sempre molto volentieri perché sapevo che era sincero, inoltre sapeva cogliere quello che volevo trasmettere con i miei dipinti, era sempre positivo e costruttivo nei suoi giudizi. L’aspetto che mi colpiva di più era la sua apertura mentale, nonostante i suoi 88 anni, verso le cose più estreme dell’arte contemporanea e la sua diponibilità nei confronti dei giovani artisti alle prime armi, che non mancava mai di incoraggiare a proseguire.
Affrontava con competenza e saggezza anche tematiche al di fuori del mondo dell’arte, sicuramente le sue esperienze fatte nel campo del sociale a favore delle persone disagiate hanno contribuito ad accrescerne le doti umane.
Quando penso a lui lo vedo durante la sua terza e ultima visita alla mia mostra dove, dopo essere entrato, si sedette in silenzio in attesa perché ero impegnato con un altro visitatore. Ad un certo punto si alzò, mi interruppe scusandosi per dirmi che purtroppo doveva andare, ebbi l’impressione che non stesse bene fisicamente e che stesse un po’ soffrendo. Di lì a poco, circa due mesi dopo, mi giunse la notizia della sua scomparsa”. (Ulisse Gualtieri)
“Scrivere poche righe per ricordare un caro amico ed esprimere quanto di più sincero e gradito possa essere stato il nostro legame è sicuramente molto difficile.
Volendo condensare, desidero esprimere il mio affetto profondo per un uomo che, grazie alle sue doti di artista, ha saputo comunicare e trasmettere emozioni, grazie anche al suo carattere e al suo animo umano modesto. Pochi sanno che la reliquia di Sant’Omobono, patrono di Cremona, presso la cattedrale della nostra città è custodita all’interno di un’opera di Giovanni Solci, così come diverse opere commissionate da illustri personaggi e sparse per il mondo sono state realizzate sempre dal maestro.
Ma Giovanni non è solo questo. Ha vissuto una vita con lo spirito di un eterno giovane, condividendo con l’amata moglie Alba la passione per il ballo, in particolare il tango argentino, diventando un assiduo frequentatore di milonghe.
Per coloro che l’hanno conosciuto queste poche righe potrebbero bastare a ricordarlo, ma ciò che più mi preme far sapere non è tanto l’effimero ed evanescente ringraziamento al maestro bensì la mia profonda gratitudine ed ammirazione per un uomo che ha saputo condurre la sua vita camminando in punta di piedi e lasciando tutti a bocca aperta”. (Angelo Verroca)



