Vai al contenuto

Santa Monica, i progetti per la bellezza

Il monastero di Santa Monica, oggi sede dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Marco Tarabella, Lamberto Rossi e Massimo Masotti
Il pubblico che ha seguito la conferenza, l’ultima del primo ciclo di Santa Monica

Sono stati gli architetti Lamberto Rossi, Marco Tarabella e Massimo Masotti a chiudere il primo ciclo di incontri su Santa Monica e il parco dei monasteri: ‘un processo di riappropriazione collettiva’ lo hanno definito i tecnici. I primi tre incontri hanno avuto come protagoniste le tre studiose e ricercatrici della Società Storica Elisa Chittò, Mariella Morandi e Sonia Tassini.

Mariella Morandi ha delineato le circostanze che hanno portato alla costruzione del monastero. “Ci vollero 25 anni per costruire Santa Monica, un tempo tutto sommato breve per un complesso così ampio e articolato, che costituisce una delle grandi imprese edilizie che riqualificarono Cremona nel periodo visconteo-sforzesco – ha detto la ricercatrice Il cantiere venne avviato nel 1472-74 e, a causa del notevole impegno finanziario richiesto, procedette per lotti successivi fino al 1497, mentre la comunità monastica cresceva anche grazie alla protezione ducale e al favore di importanti famiglie della nobiltà lombarda e cremonese, prima fra tutte quella cremonese dei Raimondi, che dimostrò il suo favore verso l’istituzione scegliendolo per la monacazione delle proprie figlie e finanziandone in più occasioni la costruzione”.

Sonia Tassini si è soffermata su un aspetto molto particolare dell’epoca con una conferenza dal titolo: Il monastero di Santa Monica e l’età delle soppressioni : storie e protagonisti e come questo patrimonio di fede e di cultura venne trasformato a uso militare.

Dopo la presentazione degli incontri della presidente della Società Storica Cremonese, che ha organizzato tutti gli incontri, Angela Bellardi, che ha illustrato il secondo ciclo che prenderà il via in settembre, Rossi, Tarabella e Masotti hanno invece toccano le fasi progettuali e costruttive dell’attuale sede universitaria, finanziata dalla Fondazione Arvedi-Buschini, che ha visto coinvolti numerosi enti e soprattutto tanti tecnici, storici, soprintendenti. Masotti ha ricordato le perplessità di quando di è partiti con l’intuizione del Parco dei Monasteri, e a tal proposito ha ricordato Massimo Terzi, l’architetto scomparso lo scorso anno, che per primo aveva intuito la potenzialità di questi complessi. Ha declinato tutte le varie destinazioni che di volta in volta si proponevano, ma che alla fine con l’intervento della Fondazione e con la disponibilità dell’Università cattolica del Sacro Cuore si è deciso l’intervento attuale.

Lamberto Rossi ha riconosciuto a Terzi la forza con la quale ha voluto inserire nella modifica al piano regolatore degli anni ’90 il parco dei monasteri, che poi pian piano ha preso forma. E proprio iniziando i lavori è cominciato a emergere quel palinsesto che ha sovrapposto le varie epoche cittadine: da quella religiosa, a quella militare, e da ultimo a quella della studio. Una sovrapposizione in centro città, che dialoga con la città, che è parte integrande della città. Rossi ha poi spiegato come spesse volte, dopo l’unica d’Italia, la trasformazione del monastero in caserma seguiva canoni precisi di costruzione, cantieri quasi in serie, e tutti di matrice piemontese.

Tarabella si è soffermato sulla progettazione ed esecuzione. Un intervento certo un po’ più tecnico, ma non per questo meno interessante. L’architetto ha ringraziato chi ha collaborato al progetto, in particolar modo l’architetto Stefano Corbari, che ha dato un contributo tecnico e di conoscenza prezioso. Il sala anche l’architetto Michele De Crecchio, che ha ricevuto un lunghissimo applauso.